2021



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Le fotografie

– Un tabernacolo con una Madonnina in via San Martino di Gangalandi, da Google Street view.

– Una cartolina ottocentesca del Ponte a Signa.

– Un disegno di Domenico M. Manni (Osservazioni, vol. 2) sul Ponte di Signa del 1266.

– Una imbarcazione sull’Arno al Ponte a Signa.

– Particolare della pergamena del 1217 con i segni dei notai.

Articolo precedente:

«Umberto e Margherita a Firenze nel 1897 – L'Arte e i Fiori»


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IL PORTO DEI METATI
e il callone di Ponte a Signa


Il fiume Arno fu in gran parte navigabile fin dall’Antichità e rappresentò per i toscani e i mercanti una via di comunicazione non indifferente che alcuni paragonano ad un’autostrada. Viaggiare e portare merci per acqua infatti prese molto meno tempo, e fu meno costoso e insicuro di qualsiasi via di terra soggetta al degrado e alle insidie.

Questo perché restò sempre difficile nei secoli attraversare il fiume da una sponda all’altra. I ponti costruiti furono pochi. Porti e porticcioli, o a volte attracchi, invece si diffusero lungo il corso del fiume vicini a un importante centro abitato. Di un porto e di un callone, o peschiera, a Castelfranco di Sotto è stato scritto varie volte, riferendosi per esempio ai viaggi verso Pisa dei granduchi che partivano dall’Ambrogiana di Montelupo e qui sostavano (l’edificio fu rovinato dall’alluvione del 1966).
Il Du Cange poi cita le “callas sive piscationes callarum molendini de Cappiano communis Ficecchi”, a Cappiano di Fucecchio, sull’Usciana sempre nel bacino dell’Arno.

Anche una pergamena del 1217 (inedita, a quel che ho potuto vedere) ricorda un porto e un callone-peschiera a Ponte a Signa, zona di interesse logistico in quanto attraversamento del fiume e incrocio di itinerari diretti verso tutti i punti cardinali – a nord verso Pistoia, Lucca e gli Appennini, a sud verso il Volterrano o il Chianti o Siena, e ovviamente a est e a ovest nell’asse viario Firenze-Pisa.

Una transazione immobiliare è l’oggetto di questo caratteristico documento.
Vi si ricorda come un certo Battaglione del fu Vagliente di Gangalandi, in prima persona (“vendo, do et concedo et trado”), alienasse a Gianni Cotenne di Signa due parti “pro indiviso unius callis positi in flumine Arni super portu de Metati et de portu et piscariam eadem ...” – due parti indivise di un callone posto nel fiume Arno sopra il porto dei Metati e riguardanti il porto e la peschiera, che, si apprende poi, era collegata al callone di un mulino.

Tale proprietà era pervenuta all’uomo: 1) da un acquisto fatto un tempo da un certo Cancelliere, dal figlio Struffaldo e dai figli di Uncino – sic, si legge così! – 2) dalla successione del padre. Le pertinenze erano “de portu et piscariam et aqua et cursum aque in tera et in aqua cum omni iure”; la possessione inoltre aveva “introitu et exitu suo et ab una parte Arni et ab alia tam(quam) intelligatur totus portus (***) calles trium molendinorum”. Ovvero comprendeva l’entrata e l’uscita: da una parte l’Arno e dall’altra i calloni di tre mulini.

“Item” (così pure) Battaglione vendette a Gianni la terza parte di altra terra posta “in capite piscarie predicte, a latere Gangalandi a Pisa” figlio del fu Villano e i figli di Anfossino” – i confinanti fino all’Arno. Altri limiti erano: la vigna di Iunnelli, un bosco, i beni dei figli di Berardo, e la pescaia dei figli di Bicchi, di Bonaccio e di Paragone e dei figli di “Firenzzi” con i loro consorti. Il luogo del rogito appare così descritto: “Actum apud portus de Metatis subtus pontem Signe” – cioè presso il porto dei Metati sotto il ponte di Signa – che era quello antico, distrutto da Castruccio Antelminelli di Lucca nel 1326.

Segue la notizia della firma di Battaglione e dei testimoni: Guastavillano di Ughetto da Barberino, Bertalotto di Guernaccio, Corrado, e i figlio o il figlio di Giannello “de le zZaffa”.

Nella pergamena mostrano una certa eleganza grafica i segni dei quattro notai che vennero ingaggiati per fare le autentiche. Motivo era stato il decesso il loro collega ser Ranieri primo rogatario della compravendita.
Da notare che i più dimoravano nel vicino centro di Gangalandi, allora sede di un pieve antica (San Martino). Di certo questa provenienza comune conferma la fortuna della categoria nella importante area commerciale del Ponte a Signa.


Notaio Francinetto giudice e notaio “ex commissione et mandato Ranieri iudice morte proveniente” dalle sue scritte e imbreviature “fideliter scripsi eet complevi”.

Gino del fu Ugolino da Gangalandi “autenticum huius exempli vidi et legi et cum infrascripto Diotifeci notario diligenter aschultavi ...”.

Schiatta giudice del fu Arrigo de Gangalandi “autenticum huius exempli vidi et legi et cum infrascripto Diotifeci notario diligenter aschultavi ...”.

Deotifeci di Chiaro da Gangalandi giudice e notaio “inveni in publico strumento scripto manu Francinecti de Gang. (sic) ex commissione ... facta ab Ranieri iudice et notario...”.

Paola Ircani Menichini, 13 marzo 2021.
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